L'elezione di Leone XIV. L'importanza di un giudizio cattolico
Più che perdersi nello spaesante chiacchiericcio giornalistico, è importante riappropriarci del mandato che Nostro Signore ha affidato a san Pietro
(testo di G. Gaud) L’elezione del sommo pontefice Leone XIV in questa era di internet ci ha immerso in un flusso incessante di opinioni, di analisi, di pronostici e persino di profezie di ogni genere; l’osservazione di questo flusso è istruttiva, perché ci mostra come in questi giorni siamo stati esposti a due visioni molto diverse.
Da una parte c’è la visione «giornalistica», che è una sorta di maremoto di notizie, mentre dall’altra c’è quella cattolica. Non voglio dire che un giornalista non possa essere anche cattolico, ma che la visione giornalistica tende a focalizzarsi sugli eventi in maniera descrittiva e superficiale; tutto si riduce al campo dell’opinione e dell’analisi, che sia politica, ideologica o quant’altro, e all’improvviso diventano tutti degli specialisti del papato. Ma è questo quello che Dio si aspetta da noi cattolici?
Il secondo sguardo, lo sguardo cattolico, è uno sguardo di fede che è profondo, immutabile, e che si propone di discernere Dio e il piano divino nel governo del mondo e della Chiesa.
Non è utile lasciarsi coinvolgere da questo flusso incessante di opinioni che alla fine si rivelano deludenti. Questa settimana ho dato un’occhiata a diverse analisi, anche di vaticanisti rinomati, e mi sono sembrate tutte inconsistenti. Ho persino ricevuto una mail, ieri l’altro, quindi soltanto due giorni dopo l’elezione del papa, con la pubblicità di una biografia di Leone XIV «il papa della pace», e c’era scritto che sarà disponibile in libreria già da martedì prossimo…
Abbiamo visto molte analisi e pronostici dettati da un’ideologia, a volte da una ideologia rivoluzionaria, riformatrice, per capire per esempio quale papa potrebbe aprire al diaconato e al sacerdozio per le donne, o all’ideologia LGBT; oppure analisi sul papa che potrebbe portare la pace nelle varie guerre attuali, Ucraina, Palestina, Yemen, India, Pakistan, Sudan… Tutto questo è orizzontale, è superficiale. Ma è questo che ha fatto Gesù, nel Vangelo, quando ha scelto Simon Pietro perché diventasse papa?
Vorrei semplicemente ricordarvi i tre passaggi del Vangelo in cui Cristo parla a Pietro per affidargli la missione del papato. Vi cito questi testi per immergervi di nuovo nel piano di Dio, in quello che noi cattolici siamo tenuti ad avere come sguardo di fede sul papa; non sta a noi di inventare un ruolo per il papa, è Gesù che ha determinato questo ruolo, e lo ha fatto per sempre.
Gesù ha parlato a san Pietro due volte prima della sua morte e una volta dopo la sua resurrezione. Prima della sua morte, il primo passaggio è in Matteo, capitolo 16:
«Essendo giunto Gesù nella regione di Cesarea di Filippo, chiese ai suoi discepoli: La gente chi dice che sia il Figlio dell’uomo?»
L’espressione «Figlio dell’uomo» è un sinonimo di Messia; il Figlio dell’uomo è il Messia perché il profeta Daniele lo definisce così. Quindi il Signore vuole sapere quello che dice la gente riguardo al Messia. A questo punto gli apostoli rispondono, e nel farlo manifestano due sguardi: da una parte uno sguardo giornalistico, e quindi descrittivo, superficiale; e dall’altra uno sguardo di fede. Ecco cosa rispondono gli apostoli:
«Alcuni dicono che è Elia, altri che è Giovanni Battista, altri che è Geremia o qualcuno dei profeti…».
Dunque questo è il primo sguardo, per cui la gente vede in Gesù una sorta di predicatore itinerante, di guaritore; si tratta di uno sguardo esteriore, sociale, focalizzato sugli eventi. Le persone non sanno chi è, ma hanno un’opinione su quello che vedono. Quelli che hanno uno sguardo un po’ più profondo diranno che è un profeta, Geremia, Elia, oppure uno degli altri profeti, ma anche loro si limiteranno a vedere soltanto la parte esteriore di Gesù. Questo è tutto, la risposta degli apostoli è questa, non riescono ad andare oltre. Gesù allora li incalza perché vuole portarli al secondo sguardo, quello della fede, e insiste: «E voi, voi chi dite che io sia?».
È Simon Pietro che prende la parola e che risponde con un atto di fede; non si tratta di un atto di fede qualunque, ma di un atto di fede sulla divinità di Gesù. Simon Pietro dice: «Tu sei il Cristo», ovvero il Messia, «Tu sei il Figlio del Dio vivente», quindi fa una confessione della divinità di Gesù. E ascoltate la risposta di Gesù: «Beato te, Simone figlio di Giona, perché né la carne né il sangue te l’hanno rivelato, ma il Padre mio che sta nei cieli. E io ti dico: Tu sei Pietro e su questa pietra edificherò la mia chiesa e le porte degli inferi non prevarranno contro di essa. A te darò le chiavi del regno dei cieli, e tutto ciò che legherai sulla terra sarà legato nei cieli, e tutto ciò che scioglierai sulla terra sarà sciolto nei cieli».
Questo passaggio è estremamente importante perché ci chiarifica il ruolo del papa. Pietro è colui che ha preso la parola per fare una confessione di fede nella divinità di Gesù Cristo. Gesù gli dice: Pietro, quella che hai avuto è una grazia interiore, una rivelazione interiore che viene dal Cielo. Non sono stati né la carne, né il sangue a rivelartelo, quindi quello che hai appena detto, questa fede nella mia divinità, non è qualcosa di umano. Tu hai appena visto in me ciò che è invisibile, hai potuto discernere e hai compreso chi sono; Dio Padre ti ha scelto, è Dio che ti ha dato una grazia interiore. Allora io, Gesù, ti dico: sarai tu il fondamento della Chiesa Cattolica. D’ora in avanti cambierai il tuo nome: non ti chiamerai più Simone figlio di Giona, ma ti chiamerai Kefas, che in ebraico vuol dire roccia, pietra. Il fondamento della Chiesa.
Pietro ha fatto una confessione pubblica della fede nella divinità di Gesù, è questo che ha determinato la scelta di Gesù. Perché lui e non un altro? Perché lui è capace di confessare la fede nella divinità di Gesù. Ecco qual è il primo ruolo del papa: confessare pubblicamente, di fronte ai suoi fratelli, di fronte agli apostoli, di fronte alla folla presente, la fede nella divinità del Signore Gesù Cristo. Il ruolo del papa è quello di confermare la Chiesa nella fede, di illuminare la Chiesa nella fede, e non il contrario: non è quello di sminuire, di insinuare dei dubbi nel deposito della fede, nel deposito della tradizione che ci è stato trasmesso. Ecco che cosa dobbiamo aspettarci dal papa.
La costituzione dogmatica del Concilio Vaticano I Pastor Aeternus lo precisa e lo riafferma: «Lo Spirito Santo non è stato promesso ai successori di Pietro per rivelare, con la sua ispirazione, una nuova dottrina, ma per custodire con scrupolo e per far conoscere con fedeltà, con la sua assistenza, la rivelazione trasmessa dagli Apostoli, cioè il deposito della fede». Ecco quindi la definizione dogmatica del ruolo del Papa, quello che avremmo dovuto leggere su tutti i giornali, quello che noi ci aspettiamo dal Papa: un uomo che è dentro la Chiesa Cattolica e che illumina il mondo, un uomo che ci trasmette in modo fedele, in modo chiaro, la fede cattolica. E in questo inizio di pontificato la preghiera di noi cattolici deve elevarsi verso il Cielo per domandare a Dio Padre che doni al Papa questa fede, questa forza interiore di confessare la fede a qualunque costo.
Il secondo testo è di Luca, al capitolo 22. Si tratta di un testo un po’ misterioso. Gesù si rivolge a Pietro poco prima del dramma della Passione, e gli dice:
«Simone, Simone, ecco satana vi ha cercato per vagliarvi come il grano; ma io ho pregato per te, che non venga meno la tua fede; e tu, una volta ravveduto, conferma i tuoi fratelli».
A quel punto Pietro risponde:
«Signore, con te sono pronto ad andare in prigione e alla morte».
E Gesù riprende:
«Pietro, io ti dico: non canterà oggi il gallo prima che tu per tre volte avrai negato di conoscermi».
Anche questo passaggio ci illumina sul ruolo del Papa. Gesù manifesta che ci sarà una guerra di Satana contro il papato, una guerra delle forze del male contro la Chiesa. Le porte dell’inferno non prevarranno contro di essa: questo mostra che ci sarà un combattimento, una guerra, e che satana in persona cercherà di far cadere il papato. Il passo è misterioso perché Gesù dice: «ho pregato per te, che non venga meno la tua fede», e poi subito dopo aggiunge «quando tu ti sarai ravveduto (convertito), conferma i tuoi fratelli». Quindi Gesù fa una profezia ben precisa: Pietro cadrà, questo primo papa cadrà, ma non cadrà in modo definitivo perché poi tornerà sui suoi passi, si convertirà. L’esperienza della sua caduta lo aiuterà a comprendere meglio la nostra miserabile umanità, la debolezza di ciascuno di noi, ed è proprio perché avrà questa esperienza della debolezza che sarà capace di comprendere e di consolidare gli altri.
Quindi Pietro deve avere questo ruolo di consolidamento, come la roccia, e deve essere pieno di bontà e misericordia per la caduta degli altri, una roccia sulla quale gli altri possano appoggiarsi; ecco il secondo ruolo del Papa. Non un uomo che tergiversa, un uomo che fa compromessi, un uomo che esita e che si mostra debole di fronte alle forze del male, ma la roccia sulla quale possiamo appoggiarci per essere fedeli al Signore.
L’ultimo testo è giusto dopo la Resurrezione, la terza apparizione di Gesù dopo la Pasqua, Giovanni capitolo 21.
«Quand’ebbero mangiato, Gesù disse a Simon Pietro: Simone di Giovanni, mi ami tu più di costoro?» … Conoscete bene questo passaggio, Simone gli risponde, «Signore, tu sai tutto, tu sai che ti amo». Lui è un po’ imbarazzato, perché lo ha tradito. E Gesù insiste: «Simone di Giovanni, mi ami?», e per tre volte Pietro risponde, insiste: sì, sì, sì, io ti amo. Tu lo sai che ti amo. E per tre volte Gesù gli confida qualcosa. La prima volta gli dice: «Pasci i miei agnelli». Poi gli dice «Pasci le mie pecorelle». Gli agnelli e le pecorelle rappresentano il gregge della Chiesa, in cui ci sono i piccoli e i grandi; e Gesù vuole mettere Pietro come pastore universale della Chiesa.
A questo punto, come si legge nel testo, la condizione non è più la fede, ma l’amore, e non un amore qualsiasi: «Mi ami tu più di costoro?». Quando dice «costoro» Gesù si riferisce agli apostoli, ai 10 apostoli che sono là attorno a lui. Ed ecco quindi qual è il terzo ruolo del Papa: come i preti per le loro parrocchie, come i vescovi per le loro diocesi, il papa deve essere un esempio, non con dei discorsi, ma con una carità in atto, un vero amore. L’amore del buon pastore che è capace di dare la vita per le sue pecorelle. Gesù insiste su questo punto quando gli dice: ti darò il potere universale e superiore anche a quello degli altri apostoli, il potere di far pascolare persino le pecore (che sono gli apostoli), a condizione che tu mi ami più degli altri.
Ecco quindi qual è lo sguardo di fede cattolica che dovremmo avere quando c’è l’elezione di un sommo pontefice, le cose che dobbiamo aspettarci da un Papa e per le quali dobbiamo pregare, domandando che Dio le conceda al suo vicario. E infine, il messaggio è anche per ciascuno di noi, soprattutto per i capifamiglia (perché anche il Papa è un capo, il capo della Chiesa); anche noi, a nostra volta, qualunque sia il nostro ruolo, dobbiamo seguire queste tre indicazioni che il Signore ha trasmesso a Pietro. Questa è la grazia che auguro a voi tutti.
Sermone tenuto dall’ Abbé Guillaume Gaud (FSSPX)
Data: 11 maggio 2025
(traduzione di Lisa Zuccoli)