La grandezza di Sant’Ignazio di Loyola (1491-1556)
Il grande santo spagnolo ha molto da insegnarci su come affrontare l'attuale crisi della Chiesa
Immensa è la gratitudine che, come cattolici, dobbiamo provare verso sant’Ignazio, questo grande santo, fondatore de La Compagnia di Gesù (1539), più comunemente nota come Ordine dei Gesuiti. Con la sua opera personale, e con il glorioso ordine religioso da lui fondato, ha contribuito potentemente a risollevare la Chiesa dallo stato di prostrazione in cui l’avevano precipitata prima la crisi morale e culturale apertasi con l’avvento dell’età umanistico-rinascimentale, e poi la diffusione del protestantesimo in tutta Europa a partire dalla rivolta di Lutero del 1517. In generale però è tutta la grande stagione della Chiesa “tridentina”, almeno fino alla soppressione dell’ Ordine nel 1773, che vede i Gesuiti svolgere un ruolo centrale e determinante nel difendere il cattolicesimo nei paesi insidiati dal protestantesimo, nel portare il Vangelo in terre di missione sparse per il mondo intero, nel riconquistare alla Chiesa un ruolo di primo piano anche in campo culturale con i suoi teologi, storici, scienziati, controversisti, insegnanti.
Innumerevoli sono le opere che sant’Ignazio ha compiuto: fonda a Roma un seminario per formare i futuri sacerdoti gesuiti, modello che anticipa i seminari che sorgeranno dopo il Concilio di Trento; nel 1551 fonda il Collegio Romano e l’anno dopo il Germanico, prime cellule delle future grandi scuole dei gesuiti che si estenderanno a tutta l’Europa, con centinaia di Collegi, apprezzati anche in paesi protestanti e nella Russia greco-scismatica, per l’altissima qualità della cultura che veniva trasmessa agli studenti e l’efficacia e la modernità della concezione pedagogica: questo aspetto assume un’importanza crescente, fino a fare dell’Ordine, in pratica, un ordine in larga misura dedicato all’insegnamento.
Ma l’opera suprema del genio di sant’Ignazio, e quella sulla quale si fonda tutto il resto, sono Gli Esercizi Spirituali (che ricevono l’approvazione pontificia nel 1548). Rivelati a lui misticamente, vera ispirazione di Maria Santissima, appaiono come lo strumento ideale, voluto dalla Provvidenza, per permettere ai cattolici più fervorosi, laici, sacerdoti, religiosi, di crescere speditamente verso la santità e di affrontare e vincere le molte sfide che la modernità porterà alla Chiesa cattolica. Facendo gli Esercizi si colgono non pochi aspetti dell’anima di sant’Ignazio e si approfitta di una straordinaria occasione di formazione dottrinale e di crescita spirituale.
Sant’Ignazio, di origine basca, è un temperamento ardente e appassionato: dopo la grande e famosa conversione che lo strappa dal mondo e dalle sue seduzioni, dai suoi progetti e dai suoi sogni cavallereschi, inizia un lungo e profondo cammino di formazione filosofica e teologica, ma è soprattutto divorato da una profonda sete di santità, che lo accompagnerà per tutta la vita. Serio, profondo, austero, umilissimo e ricolmo di compunzione, segretamente dolcissimo, è un capo nato: chi lo segue sente di potersi fidare pienamente di lui, perché opera in modo totalmente disinteressato e per puro amore della Chiesa e delle anime. Le doti che spiccano di più -innestate su una grandissima fede, su una profonda vita mistica, su un incessante sforzo ascetico e su una tenerissima devozione alla Madonna- sono una grande prudenza e una straordinaria tenacia e fermezza nel perseguire gli obiettivi che deve raggiungere. E’ molto cauto, e prima di lanciarsi in un progetto o in una nuova iniziativa, si consiglia a lungo e attende anche per lunghi anni prima di procedere concretamente: sembra mosso dalla consapevolezza soprannaturale che nell’inizio sia racchiuso il destino di ogni umano operare. Al tempo stesso, quando la decisione è presa, se ha la certezza di stare facendo la volontà di Dio, sant’Ignazio è irremovibile e pronto a impegnare ogni sua energia per giungere al risultato atteso. La sua acuta intelligenza, illuminata da una intensissima vita di preghiera, si sposa a una volontà di ferro, a una fermezza di carattere senza eguali, che fa di lui un trascinatore irresistibile. Pur provato da non poche croci fisiche e morali e da continui ostacoli e incomprensioni, si consuma, letteralmente, lottando senza sosta per la maggior gloria di Dio e il trionfo di Nostro Signore Gesù Cristo in tutte le anime. In tempi difficilissimi per la Chiesa, dove abbondano la tiepidezza, l’immoralità, l’indifferenza e l’ignoranza, spesso anche nel clero, non polemizza, ma offre tutto se stesso e tutta l’opera sua a Dio, si consegna senza riserve al Signore, lasciando che la carità di Cristo consumi tutto il suo cuore, e fa questo riposando su un completo abbandono alla volontà di Dio, su un fortissimo senso della “Romanità” della Chiesa, sulla più profonda fedeltà e sottomissione al Romano Pontefice.
Sant’Ignazio fonda la Compagnia di Gesù su poche, semplici intuizioni. Innanzitutto, conoscendo le condizioni, spesso di profonda ignoranza, in cui versava il clero, stabilisce per i gesuiti un noviziato lunghissimo utile a consolidare e provare la loro vocazione e a dar loro una preparazione teologica, spirituale e culturale d’eccellenza. Un po’ come i Domenicani a partire dal Trecento, così i Gesuiti saranno visti come l’ordine della cultura nell’età moderna. La conoscenza delle lingue classiche e dell’ebraico, oltre alla loro abilità di controversisti, sarà elemento essenziale nella lotta con i protestanti; non era semplice infatti sfidare e vincere in particolare i predicatori calvinisti, che venivano preparati nel seminario di Ginevra e che conoscevano spesso molto bene le lingue bibliche e la Sacra Scrittura. La conoscenza dell’ebraico rese spesso i Gesuiti campioni della Chiesa Cattolica nel combattere e debellare le insidie portate dal mondo giudaico contro la fede e la società cristiana, soprattutto fra seconda metà del Settecento e prima metà del Novecento.
Un secondo elemento è la semplificazione delle pratiche liturgiche e l’eliminazione degli Uffici corali, mirando in tutto sant’Ignazio alla praticità e all’essenzialità per un ordine di vita attiva, votato in particolare alle missioni nei paesi protestanti o nelle terre più remote. Per le stesse ragioni il fondatore non volle mai dar vita al Second’Ordine femminile, nonostante le molte richieste: non voleva infatti avere cappellanie presso i conventi femminili che avrebbero sottratto risorse all’apostolato gesuita.
Un terzo elemento è l’obbedienza speciale al Papa, con l’impegno a recarsi immediatamente ovunque egli li volesse inviare. Questa fedeltà al Papa mette in luce, da un lato il fortissimo senso della romanità della Chiesa di sant’Ignazio, in un momento storico in cui dilagavano le eresie (la cui nota di fondo è sempre l’odio per il Papa e per la Chiesa in quanto Chiesa cattolica romana), e gli stati cattolici erano costantemente tentati da derive cesaropapiste o gallicane, volte in ogni caso a indebolire l’autorità papale; dall’altro fa capire l’importanza dei Gesuiti come forza di valore assoluto per il Papa, che trovava in loro ottimi sacerdoti e uomini di cultura finissimi, missionari ardenti di zelo e di amore per la Chiesa, che poteva utilizzare per tutti i compiti più difficili o pericolosi, in ogni area del mondo. Così avremo Gesuiti con incarichi diplomatici di somma importanza, consiglieri di principi e re, consulenti teologici al Concilio di Trento, missionari nelle situazioni più disperate, come padre Champion, che morì martire in Inghilterra.
La Compagnia di Gesù, che in circa un secolo arriva all’incredibile numero di 10.000 membri, all’inizio è qualificato come ordine mendicante, tanta era la povertà in cui vivevano i Padri. Il loro fervore e il loro zelo, la notorietà crescente della loro grande preparazione teologica, fanno sì che ovunque ci fosse un Vescovo davvero desideroso di risollevare la fede nella sua Diocesi, cercasse di avere dei gesuiti presso di sé per affidargli diversi, importanti compiti. Il nuovo ordine a tutti i buoni, a tutti coloro che lottano per la Riforma della Chiesa, sembra essere la panacea di tutti i mali, l’ancora di salvezza a cui aggrapparsi con la certezza di avere dei validi risultati.
A Roma, all’inizio della loro opera, stupiscono popolo e prelati perché durante la Messa fanno un’importante omelia; la cosa appare una stranezza perché da moltissimo tempo la rilassatezza del clero e della pratica religiosa aveva fatto praticamente scomparire le prediche.
Col passare del tempo furono sempre meglio definite le attività più caratteristiche della Compagnia di Gesù: l’attività missionaria, soprattutto in America Latina e in Asia (oltre che nelle terre protestanti); l’attività educativa nei Collegi, fondati su una straordinaria sintesi della pedagogia classica e cristiana; la confessione e la direzione spirituale di principi e re, e in generale dell’élite dei diversi paesi cattolici, che esigevano sacerdoti colti e preparati a sciogliere i più difficili casi di coscienza; gli Esercizi Spirituali di un mese dati a milioni di persone nel corso dei secoli, in Case di Esercizi che spesso furono costruite appositamente. Gli Esercizi sono l’opera più nascosta, ma forse più importante, della Compagnia di Gesù, che grazie ad essi concorse potentemente alla santificazione di tante anime.
Va notato infine che sant’Ignazio ci dà una lezione di importanza estrema: egli nacque e visse in un’epoca difficile e tragica, con una Chiesa terribilmente decaduta, un clero tiepido e mondano, in un’Europa straziata dall’eresia e dalle guerre civili: ebbene non rispose con lo scoraggiamento o l’inerzia. Carattere d’acciaio, convertitosi potentemente, cercò con tutte le sue forze di amare Dio e la Chiesa, stringendosi al Divin Crocifisso e a Maria Santissima. Costruì grandi opere, edificò tutti coloro che incontrava, mai sazio di spingere tutti alla santità, al perfetto dono di sé. Le immense realtà ecclesiali che sorsero da lui sono solo una conseguenza, voluta e resa possibile dalla Provvidenza, di questo suo slancio umilissimo verso la santità. In fondo la sua lezione è quella che ci dà ogni santo: l’amore di Dio per l’uomo è così grande, che non ci può essere misura alcuna nel quanto dobbiamo amare l’Amore, nel quanto dobbiamo donarci a Dio.
In tempi così funesti per la Chiesa e per cristiani come quelli attuali invochiamo sant’Ignazio perché ci soccorra e ci ottenga dal Cielo un po’ del suo fervore e della sua eccelsa capacità di agire per il bene della fede e delle anime. Soprattutto non disprezziamo gli Esercizi Spirituali, non trattiamoli come un qualcosa di antiquato e di superato, di non più adatto ai nostri tempi. Frequentiamoli almeno una volta, almeno nella forma del ritiro spirituale di cinque giorni. Dio non mancherà di donarci le grazie di cui abbiamo più bisogno.