Il Canone della Messa è di Tradizione Apostolica
La Santa Messa di sempre non può essere interdetta per nessun motivo e solo il ritorno ad essa permetterà che finisca l'attuale crisi della Chiesa
La crisi della Chiesa che sta devastando il mondo cattolico dalla fine del Concilio Vaticano II (1965) non è solo una crisi liturgica, ed è anzi innanzitutto una crisi dottrinale, ma non avrebbe potuto dilagare e travolgere tutto con tanta rapidità senza l’introduzione della pestilenziale Messa di Paolo VI. Si tratta infatti di una Messa di fatto artificiale, scritta a tavolino con l’aiuto, in qualità di consulenti, di alcuni pastori protestanti, sintesi del modernismo teologico che si era imposto al Concilio e capace di distruggere ogni senso del sacro e ogni fede soprannaturale nella presenza reale di Nostro Signore nel santissimo Sacramento dell’Eucarestia. Se negli anni Cinquanta la frequenza alla Messa domenicale era ancora altissima (ad esempio coinvolgendo in Italia circa il 70 % degli abitanti), dopo l’introduzione della Messa di Paolo VI la frequenza iniziò a crollare, giungendo oggi, in paesi come la Francia, a cifre oscillanti attorno al 2% degli abitanti.
La Messa di Paolo VI a buon diritto è stata chiamata la “messa di Lutero”; in essa trova spazio l’idea di fondo dell’eresiarca, ovvero distruggere l’idea che la Santa Messa sia il rinnovamento e la ripresentazione mistica e incruenta del Sacrificio della croce di Nostro Signore. Così Lutero, come i liturgisti di Paolo VI (primo fra tutti il sospetto massone Bugnini), abbatté le balaustre, distrusse l’altare e lo volle sostituito da una semplice tavola (per pensare all’Ultima Cena e non al Golgota); volle la messa, che chiamava “cena”, celebrata verso il popolo da un pastore che non è più un sacerdote, un sacrificatore, ma un semplice laico che svolge una funzione commemorativa; negò la transustanziazione, ordinò di dare la comunione sulle mani di fedeli in piedi. In una parola desacralizzò completamente la messa per oscurare completamente il suo valore sacrificale.
Di fronte allo scempio della messa di Paolo VI presento un ottimo articolo che ricorda con estrema chiarezza come ogni sacerdote ha il diritto sovrano (e il dovere, aggiungerei) di celebrare la Santa messa secondo il Messale di san Pio V, che sistematizza in realtà la messa di tradizione apostolica, ovvero, appunto, la Messa di sempre. Ed anche i fedeli hanno il diritto di assistere solo e sempre alla Messa di sempre, a costo di qualsiasi sacrificio e contro l’eventuale opposizione di vescovi o Papi modernisti che cerchino, insensatamente, di ostacolare il più santo degli atti di pietà.
(articolo della rivista SI SI NO NO) Abbiamo visto che il Canone della Messa Romana - promulgata in maniera definitiva e universale nel 1570 - è di Tradizione Apostolica.
Esso è stato restaurato ed è stato reso obbligatorio da san Pio V
Il Canone Romano, dopo la rivoluzione protestante e rinascimentale, è stato restaurato - già a partire dal Concilio di Trento (1545 - 1563) - ed è stato poi reso obbligatorio nel 1570 da papa san Pio V, nella Chiesa universale, per i sacerdoti di Rito Latino.
Come si è arrivati a restaurare il Messale Romano
Ma come si è arrivati a restaurare il Messale Romano? I liturgisti e i teologi più esperti sono stati chiamati dalla Santa Sede a fare una collazione, una comparazione di tutti i codici migliori, siti negli Archivi vaticani, che contenevano il testo del Canone Romano di Tradizione Apostolica.
Infatti, non c’era un solo unico testo di questo Canone Romano, che risaliva ai primissimi anni della Chiesa. Perciò, i teologi hanno dovuto fare una collazione dei codici più antichi, più seri e più importanti, che giacevano nella biblioteca vaticana, li hanno messi uno a fianco all'altro, li hanno comparati e hanno visto quale fosse il migliore, quale testo bisognasse scegliere, quale parola evitare, quale virgola saltare, eccetera eccetera.
Esso fu promulgato da san Pio V, ma non è stato composto da san Pio V
Così, si è arrivati all'edizione critica del Messale Romano del 1570, che in realtà è un Rito di Tradizione Apostolica. Esso fu chiamato impropriamente “Messa di san Pio V”, perché fu promulgato da san Pio V, ma ciò non significa che sia stato composto da san Pio V come invece il Messale del 1969 è stato elaborato da Paolo VI.
Inoltre, san Pio V ha ordinato che la Messa di rito latino potrà essere recitata solo nel modo prescritto nel Messale Romano del 1570.
Infine, ha precisato che la Costituzione del Messale Romano del 1570 vale in perpetuo e nulla deve essere aggiunto al Canone (naturalmente le parti mobili della Messa e le rubriche possono subire cambiamenti e aggiunte).
Pio V ha concesso un indulto perpetuo di poter celebrare con il Messale Romano del 1570
Infine, il Papa ha concesso un indulto perpetuo di poter seguire, senza scrupoli di coscienza, questo Messale Romano del 1570.
Perciò, oggi come oggi, quando purtroppo il Vescovo proibisce a un sacerdote di celebrare la Messa Antica, san Pio V gli toglie ogni scrupolo perché ha concesso un indulto perpetuo di poter seguire questo Messale del 1570.
Invece, il Nuovo Messale di Paolo VI (1969) è un miscuglio di Rito Cattolico e Rito luterano, quindi - senza scrupoli di coscienza - si può seguitare a celebrare con il Messale del 1570, nonostante le proibizioni di continuare a utilizzarlo.
L’indulto doloso del 1984
Monsignor Antonio De Castro Mayer, nel 1984, quando uscì l'indulto di Giovanni Paolo II, che istituì l'«Ecclesia Dei», con i vari movimenti «Ecclesia Dei», chiamò quest’ indulto dell'84 “un indulto doloso”, perché il papa san Pio V aveva decretato che si celebrasse solo e soltanto la Messa di Tradizione Apostolica con il Messale Romano restaurato e promulgato nel 1570, senza aggiungere togliere nulla e che nessuno avesse alcuno scrupolo di coscienza nel celebrare con il Messale del 1570.
Gli Istituti «Ecclesia Dei»
Gli Istituti «Ecclesia Dei» furono concepiti essenzialmente non tanto per amore della Messa Antica e della Tradizione, ma per svuotare la Tradizione e la resistenza antimodernista, per far entrare sacerdoti antimodernisti nell'«Ecclesia Dei» e poi - pian piano - far accettare loro il Concilio Vaticano II.
Infatti, questi Istituti possono celebrare la Messa Antica, ma non possono criticare la Messa Nuova e non possono criticare il Concilio; inoltre, il Giovedì Santo, devono concelebrare col vescovo la Messa crismale e non si possono rifiutare di concelebrare. L'unico di questi istituti (Cristo Re, San Pietro e Buon Pastore), l'unico che aveva ricevuto il permesso di celebrare solo e soltanto la Messa di san Pio V e che poteva portare avanti una critica costruttiva della Nuova Messa e del Concilio Vaticano II era il Buon Pastore, però dopo pochi anni gli tolsero questo permesso, la maggior parte dei sacerdoti del “Buon Pastore accettò l’imposizione e soltanto due sacerdoti si rifiutarono di firmare e di accettare quest’imposizione.
«Nessuno osi violare questo nostro documento» (Pio V)
Sempre san Pio V ha scritto: Nessuno osi violare (nessuno: neanche Paolo VI), questo nostro documento; la Quo primum Tempore, quindi è un documento di san Pio V, il quale ha scritto: Nessuno osi violare questo nostro documento, se qualcuno avrà l'audacia di attentarvi incorrerà nell’indignazione di Dio e in quella dei Santi Apostoli Pietro e Paolo.
Qui vediamo le parole forti che ha impiegato Pio V, addirittura profetiche, quasi avesse visto quello che poi è successo nel 1969.
Il Messale Tradizionale non è soltanto un decreto personale di Pio V ma, è un atto che emana dal Concilio di Trento
Monsignor de Castro Mayer ha detto che il Messale di san Pio V non è soltanto un decreto personale del Papa, ma è un atto che emana dal Concilio di Trento, che è un Concilio dogmatico.
Infatti, nel Messale sta scritto: “Missale Romanum ex Decreto Sacrosanti Concili Tridentini Restitutum / Messale Romano, il quale è stato restaurato con un decreto del Sacrosanto Concilio di Trento”.
Attaccare il Messale Tradizionale significa attaccare il Concilio di Trento
Quindi, il Messale del 1570 emana direttamente dal Concilio di Trento; per cui attaccare questo Messale, questa Messa significa attaccare il Concilio di Trento, che è un Concilio dogmatico; il Vaticano II invece è un Concilio pastorale, che non ha voluto definire obbligare e che, perciò, non è infallibile.
La pastorale, come spiegò benissimo il cardinal Ottaviani, serve a spiegare ai fedeli come applicare la dottrina, il dogma al caso pratico. La pastorale applica la dottrina, il principio al caso pratico; per esempio, il quinto comandamento: Non uccidere; ora, in caso di guerra, se sono un militare, posso sparare? Sì; infatti, sono tre i casi in cui è lecito uccidere senza peccare (lo spiega il Catechismo): 1°) in guerra; 2°) per legittima difesa, mi vogliono uccidere e l'unica maniera di difendermi per non essere ucciso è quella di sparare a mia volta, quindi se sparo e uccido l’ingiusto aggressore non commetto peccato contro il quinto comandamento; 3°) colui che fa parte di un plotone d’esecuzione, non fa peccato. Quindi, applicare il principio dottrinale al caso particolare, questa è la pastorale.
Il Cardinal Schuster
Il Cardinal Schuster di Milano è stato grande liturgista che ha scritto Il Liber Sacramentorum, (edito dalla Marietti di Torino tra il 1923 e il 1926) ha scritto: se paragoniamo il Messale di oggi, 1926, col messale di san Gregorio Magno che è morto nel 604 la differenza non è sostanziale, in pratica si ritrova la stessa Messa.
Quindi, vedete come il Messale cosiddetto di san Pio V non ha fatto nient'altro che restaurare, fare l’edizione critica di ciò che era contenuto - nei manoscritti della biblioteca vaticana - riguardo alla Messa Apostolica, che era celebrata a Roma al tempo degli Apostoli.
Padre Giacomo Martina
Invece, padre Giacomo Martina, lo storico che insegnava alla Gregoriana e che si è distinto per la sua acrimonia contro Pio IX, ha scritto nella sua Storia della Chiesa, (edita dalla Morcelliana di Brescia nel ’95, al terzo volume pagina 395): “Il Novus Ordo Missae è stato un'autentica rivoluzione liturgica”. Lui lo ammette chiaramente e ne è fiero. Almeno non era un ipocrita, era modernista e lo diceva chiaramente: È una rivoluzione liturgica che ha cambiato totalmente una Messa di Tradizione Apostolica e al posto di questa Messa ne ha promulgata un'altra, sostanzialmente diversa.
Il professore Pietro Leone, invece, è un tradizionalista e ha scritto un libro per l’Editrice Solfanelli di Chieti nel 2018, che s’intitola: Com’è cambiato il rito romano antico. In questo libro ha scritto che il Novus Ordo Missae ha distrutto Il Messale di san Pio Quinto.
Non sussiste l'ermeneutica della continuità tra Messa Nuova e Messa Tradizionale
Perciò, non sussiste l'ermeneutica della continuità tra Messa Nuova e Messa Tradizionale; basta entrare in una chiesa dove si celebra la Messa Antica, poi entrare in una chiesa dove si celebra la Messa Nuova e la differenza sostanziale balza sùbito agli occhi.
Invece, per quanto riguarda il giudizio teologico sul Concilio Vaticano II ci vuole una certa preparazione; infatti, occorre studiare i suoi Decreti per scorgere la rottura con la Tradizione. Mentre, per la Messa Nuova e Tradizionale basta assistere all'una e all'altra. È come ammirare un quadro del Beato Angelico e vedere uno sgorbio dei pittori moderni. Ebbene, si vede immediatamente che non c'è nessuna continuità, sono due pitture essenzialmente diverse, una bella e un’altra orribile brutta e disgustosa.
Allora, il Novus Ordo Missae ha distrutto il Messale di san Pio V e l’ha sostituito con un altro, sostanzialmente diverso e mezzo luterano, quello del 1969.
DCN
Fonte: https://www.sisinono.org/anno-2025/476-15-marzo-2025.html
Sito consultato il 2 maggio 2025